In arrivo il chiarimento del ministero del Lavoro sul pagamento del nuovo contributo da versare all’Inps in caso di licenziamento di un collaboratore domestico. L’Aspi andrà versata solo dalle imprese e non dalle famiglie.
ROMA -E’ in arrivo l’atteso contrordine da parte dei tecnici del Ministero del Lavoro sulla non applicabilità alle famiglie della nuova tassa di licenziamento per i collaboratori domestici: il confronto fra i sindacati e gli esperti del ministero sembra essere giunto a una fruttuosa conclusione che eviterà alle famiglie l’ennesima stangata. In giornata è previsto un pronunciamento ufficiale da parte del dicastero del Welfare. Se ne era parlato parecchio nei giorni scorsi: l’introduzione della nuova tassa da versare all’Inps in caso di licenziamento della colf, della badante o della tata aveva suscitato, infatti, un’aspra polemica con i sindacati.
La nuova imposta prevista dalla legge Fornero, e in vigore dal primo gennaio 2013, stabilisce che chi licenzia un lavoratore che aveva un contratto a tempo indeterminato, paghi una “somma pari al 41 per cento del massimale mensile di Aspi per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni” (Legge 92/2012 articolo 2 comma 31). In pratica 483 euro circa per ogni anno di contratto fino a un massimo di 1450 euro. Somme che vanno a finanziare l’Aspi, la nuova assicurazione sociale per l’impiego che prende il posto dell’indennità di disoccupazione.
Secondo una prima interpretazione, il pagamento della nuova tassa avrebbe dovuto colpire tutti i datori di lavoro, non ammettendo alcun tipo di distinzione tra famiglie e imprese. Si applicherebbe solo in caso di licenziamento e non per le dimissioni o la risoluzione consensuale del rapporto e indipendentemente dalle ore di lavoro effettivamente previste dal contratto con la paradossale conseguenza che chi si avvale del lavoro di una colf per poche ore alla settimana sarà costretto a pagare la stessa cifra di chi ha un dipendente a 40 ore settimanali.
Il provvedimento ha incontrato subito l’opposizione dei sindacati, in particolare dell’Assidatcolf, l’associazione dei datori di lavoro dei collaboratori domestici, che ha sollevato il problema dell’impatto che un tale salasso potrebbe avere sulle famiglie. A loro parere l’imposizione di questa tassa, definita una “tagliola”, non farebbe altro che alimentare il ricorso al lavoro in nero scoraggiando di fatto la regolarizzazione di queste lavoratrici: molte famiglie infatti, per evitare di pagare la tassa, sarebbero incentivate ad utilizzare una scappatoia inducendo le collaboratrici domestiche a dare le dimissioni per poi proseguire il rapporto in nero. Si andrebbe così ad alimentare un sommerso che in questo settore è già pari al 50% (sono 900mila i lavoratori domestici con regolare contratto di lavoro presso famiglie o pensionati in Italia). Un altro aspetto controverso riguarderebbe la tempistica: il lavoratore licenziato dovrà aspettare due anni per ottenere l’Aspi, con il risultato, che mentre le famiglie devono sborsare subito la cifra dovuta, le colf e la badanti potranno disporne solo nel 2015. L’Assidacolf ha trovato sostegno anche da Cgil e Cisl, che hanno ribadito come se è giusto che tutti i lavoratori, anche le colf e le badanti, abbiano a disposizione un’indennità di disoccupazione in caso di licenziamento, è però profondamente iniquo considerare le famiglie come se fossero imprese.
E’ per questo motivo che nei giorni scorsi avevano chiesto l’intervento dell’Inps e del Ministero del Lavoro per modificare la norma e renderla applicabile solo nel caso di licenziamenti fatti da imprese e non dalle famiglie. L’Inps si era già espresso in questo senso sostenendo che l’unico modo per eliminare il contributo a carico delle famiglie fosse quello di adottare un decreto legge ad hoc per modificare la legge: una soluzione impossibile vista l’attuale situazione politica con le camere sciolte in attesa della formazione del nuovo governo e la sola ordinaria amministrazione da portare avanti. Al Ministero del Lavoro, invece, il tavolo tecnico convocato per l’occasione avrebbe concluso che la nuova tassa non si applicherà alle famiglie. La comunicazione ufficiale con i dettagli della decisione è attesa a breve. (Giulia Lo Giudice)
(7 febbraio 2013)
Fonte: www.superabile.it