Con l’ordinanza n. 1108 del 11 marzo 2015, la sesta sezione del Consiglio di Stato ha accolto l’appello cautelare presentato da Confprofessioni, sospendendo l’esecuzione dell’ordinanza del Tar Lazio che aveva confermato l’esclusione dei dipendenti degli studi professionali dalla Cig in deroga,contenuta nel decreto ministeriale del 1 agosto 2014, respingendo l’istanza di sospensiva chiesta da Confprofessioni.
I giudici hanno invece ritenuto «convincenti le argomentazioni» presentate nel ricorso da Confprofessioni, «soprattutto con riguardo alle disposizioni contenute del decreto interministeriale del 1 agosto 2014, nella parte in cui esclude gli studi professionali dal trattamento di Cig in deroga», sottolineando la «discriminazione operata nei confronti della categoria dei liberi professionisti e del personale che lavora presso di loro, tenuto conto dei vincoli comunitari in materia di definizione di impresa».
I giudici amministrativi hanno condiviso la tesi di Confprofessioni, secondo la quale il decreto interministeriale, nel restringere i beneficiari della cassa in deroga solo agli imprenditori definiti in base all’articolo 2082 del Codice civile, non ha «tenuto conto dei vincoli comunitari in materia di definizione di impresa». La mancata sospensiva del decreto 1° agosto, aveva sostenuto la Confederazione innanzi al Tar Lazio, avrebbe comportato «l’effettiva e grave compromissione della attività economica del comparto in questione e dei livelli occupazionali da questi assicurati». Motivazione sufficiente al Consiglio di Stato per ribaltare l’ordinanza del Tar Lazio, chiamata ora ad affrontare le questioni di merito relative al decreto del 1° agosto 2014 e all’esclusione degli studi professionali dalla platea dei beneficiari della Cig in deroga.