Riconosciuti come redditi di attività dipendente, diventano imponibili quando sono realmente riscossi.
Gli interessi legali e la rivalutazione su crediti da lavoro corrisposti al dipendente sono tassati nel momento in cui vengono percepiti dal lavoratore e non quando matura il relativo diritto.
Lo ha affermato la Corte di cassazione con l’ordinanza 24760/2010, che ha rigettato un’istanza di rimborso della trattenuta operata sul reddito.
La fattispecie
Un contribuente ha presentato istanza di rimborso delle somme trattenute alla fonte sull’importo liquidato da una sentenza del Tar Sicilia a titolo di interessi legali e rivalutazione su crediti di lavoro (articolo 429, ultimo comma, cpc). A seguito del silenzio rifiuto dell’Agenzia, aveva proposto ricorso e, in entrambi i gradi di merito, i giudici tributari avevano ritenuto che tale somma, pur se corrisposta nel 2000, era riferibile a un periodo anteriore al 1° gennaio 1998.
Di conseguenza, non poteva essere considerata come reddito da lavoro dipendente, non potendo trovare applicazione l’articolo 1 del Dlgs 314/1997, entrato in vigore dal 1° gennaio 1998, che, nel modificare l’articolo 46 del Dpr 917/1986 (ora articolo 49), ha espressamente previsto la tassabilità delle somme liquidate ai sensi dell’articolo 429 cpc.
L’Agenzia aveva, quindi, proposto ricorso in Cassazione della sentenza di secondo grado, denunciando la violazione del Dpr 917/1986 (articoli 46, comma 2, e 48) e censurando la sentenza impugnata per aver disatteso il principio secondo cui il regime fiscale applicabile ai redditi da lavoro è quello esistente al momento del percepimento del reddito e non della maturazione del diritto, con l’effetto che, nel caso di specie, doveva trovare applicazione il nuovo testo del citato articolo 46, come modificato dall’articolo 1 del Dlgs 314/1997.
La Corte suprema ha ritenuto tale motivo “… manifestamente fondato alla luce del principio normativo secondo cui formano reddito di lavoro gli emolumenti percepiti dal lavoratore ‘nel periodo di imposta’…”. Pertanto ha accolto il ricorso e, sussistendone le condizioni, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ha deciso la causa nel merito ex articolo 384 cpc.
L’ordinanza della Corte
I giudici di legittimità hanno chiarito “… il principio normativo posto dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 48 secondo cui ai fini della determinazione del reddito da lavoro dipendente occorre avere riguardo al momento della sua riscossione e non a quello della maturazione del credito, con conseguente applicazione, nel caso di specie, del regime fiscale stabilito dal nuovo testo dell’art. 46 del decreto citato, in base al quale costituiscono redditi da lavoro, come tali tassabili, le somme liquidate ai sensi dell’art. 429 c.p.c., u.c…”.
In altri termini, con la fattispecie in esame, si è posto in discussione se la disposizione del Dlgs 314/1997, che prevede la tassabilità delle somme di cui all’articolo 429 cpc, u.c., possa o meno essere applicata retroattivamente al fine di tassare redditi maturati prima del 31 dicembre 1997 ma percepiti dopo il 1° gennaio 1998. Due i passaggi della Corte.
Con l’ordinanza 24760/2010, dopo aver riconosciuto la natura di reddito di lavoro dipendente delle somme percepite dal lavoratore a titolo di interessi e rivalutazione su crediti da lavoro, la Corte prima ha individuato la disciplina applicabile ratione temporis, poi ha ribadito la tassazione delle somme secondo il “principio di cassa”.
E’stato affermato, infatti, il principio secondo il quale “… alle somme percepite nel 2000 dal lavoratore dipendente in esecuzione di una sentenza del TAR che abbia riconosciuto il diritto agli accessori previsti dall’art. 429 c.p.c. si applichi, in virtù del principio di cassa di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 48 (TUIR) nel testo anteriore alle modifiche introdotte con il D.Lgs n. 344 del 2003, il regime fiscale previsto dall’art. 46, comma 2, cit. TUIR, nel testo risultante dalla modifica introdotta dal D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 1 entrato in vigore a far data dal 1 gennaio 1998…” (Cassazione, ordinanza 21655/2010).
Tuttavia, va osservato che la disposizione dell’articolo 46 ribadisce che gli interessi sui crediti di lavoro e la relativa rivalutazione sono assoggettabili a tassazione come redditi di lavoro dipendente. In particolare, riguardo la natura di tali accessori nel periodo precedente l’entrata in vigore del Dlgs 314/1997, la Corte ha osservato che “… le modifiche apportate al Tuir dal citato D.L. n. 557 del 1993 hanno posto il dubbio riguardante la corretta individuazione della norma tributaria applicabile; se, cioè, l’interesse sui crediti di lavoro doveva essere attratto nella sfera dei redditi di lavoro dipendente per effetto del novellato art. 6, o in quella dei redditi di capitale ai sensi del rinnovato art. 41…” (Cassazione, 16217/04).
A tal proposito, è stato chiarito che “… il previgente art. 41 del TUIR, elencando le tipologie di interessi rientranti nella categoria dei redditi di capitale, escludeva dall’assoggettamento fiscale quelli percepiti ad altro titolo, tra i quali, quindi, figuravano gli interessi derivanti dai crediti retributivi. Con l’art. 1, comma 1, lettere a) e c) del D.L. 557/1993, convertito dalla L. 26 febbraio 1994 n. 133, sono stati introdotti l’ultimo periodo del comma 2 dell’art. 6 (‘Gli interessi moratori e gli interessi per dilazione di pagamento costituiscono redditi della stessa categoria di quelli da cui derivano i crediti su cui tali interessi sono maturati’) e la lettera h) del comma 1 dell’art. 41 (‘Sono redditi di capitale: …h) gli altri interessi non aventi natura compensativa e ogni altro provento in misura definitiva derivante dall’impiego di capitale’) del D.P.R. n. 917/1986…” (Cassazione 16217/04).
“Con norma inserita nel D. Lgs. 2 settembre 1997, n. 314, di ‘Armonizzazione, razionalizzazione e semplificazione delle disposizioni fiscali e previdenziali concernenti i redditi di lavoro dipendente e dei relativi adempimenti da parte dei datori di lavoro’, è stata aggiunta la previsione di equiparazione ai redditi anzidetti delle somme di cui all’articolo 429, ultimo comma, del codice di procedura civile…” all’articolo 46 Tuir (Cassazione 16217/2004).
Nessun dubbio permane, quindi, sull’imponibilità Irpef, ex articolo 46, comma 2, Tuir, delle somme percepite dal lavoratore ex articolo 429 cpc, “…. indipendentemente dall’applicabilità alla fattispecie del disposto del successivo D.Lgs. n. 134 del 1997, art. 1, che ha qualificato espressamente come reddito di lavoro dipendente le somme di cui al cit. art. 429, (Cass., 6241/2004) trattandosi di norma che – lungi dall’aver natura innovativa – si è limitata a ribadire quanto già precedentemente disposto come precisato nella relazione illustrativa al provvedimento legislativo (Cass. 16215/04)…” (Cassazione, sentenze 13941/2008, 2195/2005, 6241/2004 e 6543/2003).
“… Al riguardo si rileva che la relazione illustrativa del provvedimento afferma testualmente ‘nel comma 2′” – del citato articolo 46 – “è stato ribadito che gli interessi su crediti di lavoro e la rivalutazione sono assoggettati a tassazione quali redditi di lavoro dipendente…” (Cassazione 16215/2004).
E’ proprio sulla base del principio secondo cui i componenti del reddito di lavoro dipendente, partecipando della natura di tale reddito, sono tassati con il principio di cassa, l’orientamento della Corte suprema “… si è consolidato nel senso che la tassabilità di detti emolumenti è disciplinata secondo il regime applicabile al momento della riscossione (cd. principio di cassa) …” (Cassazione, ordinanza 22397/2010).
Con riferimento all’individuazione del criterio di imputazione del reddito di lavoro dipendente, si osserva che, in base all’articolo 48, comma 1, del Dpr 917/1986, concorrono a formare tale categoria reddituale tutti i compensi in denaro o in natura ‘percepiti’ nel periodo di imposta. Di conseguenza, rileva l’effettiva percezione (criterio di cassa) e non il solo sorgere del diritto alla stessa (criterio di competenza) e, quindi, il momento in cui il provento è entrato nel compendio patrimoniale del percettore ed è uscito dalla sfera di disponibilità dell’erogante.
L’obbligo di rispettare il criterio di cassa viene ribadito anche nella disposizione che regola le modalità di effettuazione della ritenuta d’acconto sui redditi di lavoro dipendente (articolo 23 del Dpr 600/1973), nella quale è appunto previsto che la ritenuta viene operata sugli emolumenti “corrisposti”, comma 2, lettera a) in ciascun periodo di paga.
Sussiste, quindi, una correlazione tra il criterio di imputazione del reddito e quello dell’effettuazione della relativa ritenuta. Con la conseguenza che, nella fattispecie in esame, la Corte suprema, ritenuto applicabile l’articolo 46, comma 2, Tuir, ha correttamente rigettato l’istanza di rimborso della trattenuta operata su redditi da lavoro dipendente.
Fonte: fiscoggi